#OBIETTIVOMASACCIO

#OBIETTIVOMASACCIO

- DENTRO LA FOTOGRAFIA -

San Giovanni Valdarno, la Città in cui è nato uno degli iniziatori del Rinascimento del calibro di Masaccio.

Il primo che si è confrontato con la prospettiva, il primo che ha rinnovato la pittura secondo una nuova visione rigorosa, senza eccessi decorativi e artificiosità. “Obiettivo Masaccio” è fotografia, ma un fotografo che ricerca la sua visione personale, senza eccessi decorativi e artificiosità, ha in mano il suo pennello: la macchina fotografica.

Siamo partiti da qui, da un Maestro come Masaccio che con le sue opere ci ha portato a scoprire la sua prospettiva e siamo voluti arrivare a capire quello che un fotografo può raccontare dalla sua prospettiva.

Probabilmente è un’impresa ardua ma noi siamo degli incurabili romantici e abbiamo voluto soffermarci sul lavoro di grandi fotografi contemporanei che hanno trovato il loro personale sguardo sul mondo.

Questa è la nostra prospettiva.

O Sirte o morte. Qualcosa vorrà dire se lo Stato islamico, che da mesi combatte sull’ultimo bastione in Libia, chiama in codice le sue autobombe col più arrogante dei nomi: dogma. Ogni credo si fonda sulla presunzione d’infallibilità: nell’indiscutibile fallimento d’una primavera araba e laica, che cosa c’è di meglio d’una Toyota al
tritolo per ammazzare tutti i dubbi? Da Tripoli a Bengasi, quello che chiamavamo lo Scatolone di Sabbia è diventato una polvere esplosiva che nessuno spazza via, anzi: tre governi, due parlamenti, decine di milizie, venticinque milioni d’armi nelle mani di sei milioni d’abitanti, centinaia di miliardi di dollari inghiottiti nei conti esteri dei Gheddafi, i pozzi neri del gas e del petrolio che alla fine sono l’unico dogma da violare davvero. Mai fidarsi delle verità di facciata, soprattutto se si tratta d’arrivare a Sirte e uscirne vivi: l’eresia di Gabriele Micalizzi – e in questa mostra “Dogma” si vede - è starci mesi quando non ci sta quasi nessuno. E mangiare e dormire e andare al fronte, e nella paura abbracciarsi, coi miliziani che tentano di riprendere la città. E scovare una guerra nascosta negli stessi luoghi dove, cinque anni fa, moriva il rais e oggi crepano uomini ogni giorno, e con loro la speranza d’una Libia pacificata. Non si fanno prigionieri, a Sirte, e gli occhi dei prigionieri fotografati ci dicono che lo sanno. Lo sanno anche i giornalisti, che infatti ci vanno poco e malvolentieri. Un giorno, un mortaio ha colpito la macchina di Micalizzi e un cecchino ha mirato su un suo collega. Gabriele è qui a raccontarcelo e Jeroen Oerlemans, col quale si scherzava la sera prima, invece no. O Sirte o morte, il dogma a volte tira a sorte.

Francesco Battistini

Gabriele Micalizzi

Gabriele Micalizzi è un fotogiornalista che utilizza l’immagine come veicolo per raccontare con una visione autoriale progetti personali a lungo termine, editoriali, news internazionali. Nel 2016 balza agli onori del grande pubblico vincendo il concorso internazionale Master of Photography trasmesso da SkyArte in tutto il mondo.
Inizia la sua carriera giovanissimo, subito dopo il Diploma in Maestro d’arte, nel 2008 fonda il progetto Cesuralab sotto la direzione artistica di Alex Majoli.
Nel 2010 documenta le proteste delle “Camicie Rosse” a Bangkok e dal 2011 copre gli avvenimenti legati alla “Primavera Araba” in Tunisia, Egitto, Libia.
Gabriele dice di se:

“Io direi che sono un fotoreporter, visto che faccio questo per vivere.
Al Liceo scoprii la camera oscura, in quel mood da sottomarino sovietico in cui, con procedimenti di pura alchimia, davi vita ai tuoi ricordi, sono andato giù di testa. Il Liceo che frequentavo era molto particolare, l’ISA di Monza, praticamente un accademia d’arte pratica, molti laboratori. Ero un ragazzo abbastanza agitato e grazie al mio professore Flavio Pressato che mi teneva lì piuttosto che vedermi in giro a fare le tarantelle, passavo le mattine a stampare invece che seguire le altre lezioni. Mi ricordo che il frigo della camera oscura era pieno di pellicole, carta e salami.
Dalla camera oscura ho fatto venti metri e sono andato nella biblioteca della scuola, lì ho visto i primi cataloghi dei grandi fotografi di guerra. Vedere quei posti esotici lontani, quelle situazioni estreme ed adrenaliniche mi hanno fatto immaginare e respirare l’avventura. Così decisi che quella era la mia strada, e da lì ogni giorno ho investito tutto il mio tempo ed energie per trovare il modo di avvicinarmi a questo mondo”.

Collabora con giornali e riviste nazionali e internazionali quali: New York Times, Magazine, Herald Tribune, New Yorker, Newsweek, Stern, Corriere Della Sera, Espresso, DRepubblica, Repubblica, Internazionale, Panorama, Sportweek, Wall Street Journal.


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Una storia fotografica nata dall’esperienza del fotografo Alessandro Montanari e la curatrice Valeria Palombo sull’isola di Lamu in Kenya nel centro Anidan Onlus, organizzazione no profit che dal 2002 opera sul territorio per aiutare il più possibile lo sviluppo sociale dell’isola, partendo dai bambini, dalle nuove generazioni.

Anidan Italia Onlus è una realtà indipendente, senza scopo di lucro, con un fine chiaro di assistenza e cooperazione allo sviluppo ispirata ai principi di giustizia sociale.

Realizzazione di un evento di Charity Artistico, con a base la mostra fotografica TALES OF LAMU per:

— sensibilizzare sul tema dell’infanzia perduta.

— reperire fondi tramite donazione e acquisto delle foto esposte.

Tutto è devoluto direttamente ad Anidan Italia Onlus.

Alessandro Montanari Fotografo romano nato nel 1981, con una profonda passione per il ritratto. Frequenta le Officine Fotografiche di Roma dedicandosi alla fotografia psicologica. Amante del bianco e nero, applica il suo stile dal ritratto a progetti Fine Art. Affascinato nell’osservazione e nella comprensione di come le persone entrano in contatto con gli spazi circostanti, crede nella street photography come strada principale per ottenere una risposta, o quantomeno un’interpretazione.

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Se pensiamo che la fotografia, una tecnologia vecchia di quasi 200 anni, ha avuto i primi timidi riconoscimenti come valore artistico solo negli ultimi tre decenni, si capisce subito il perché mai nessuno abbia creato un’esposizione d’arte fotografica dedicata ad un settore specifico come la fotografia di matrimonio.

La casella occupata dai fotografi matrimonialisti ha cominciato a diventare più interessante da quando hanno iniziato a confluirci arti fotografiche di altro genere come la fotografia di moda, di reportage e pubblicitaria. La luce, l’estetica, l’emozione e il “cogliere l’attimo” irripetibile vanno ad unirsi per dare origine a un modo nuovo di fotografare nel contesto “evento matrimonio” che diventa una cornice di scatti d’autore.

La radice dell’esposizione SAY I DO è quindi la ricerca di scatti di altissima qualità spesso senza un legame così stretto con l’evento in cui sono immersi. Una selezione che parte dalla certificazione di qualità sugli autori da parte di associazioni riconosciute a livello mondiale, pensiamo a medaglieri del calibro di WPJA, Fearless Photographers, Junebug, ISPWP, ecc... Per poi proseguire in profondità nei portfolio personali.

I talenti artisti li riconosci subito, hanno qualcosa di particolare ed estremamente caratterizzante in ogni scatto. E lì, magari non troppo pubblicizzate perché poco commercialmente “utili” al fine del matrimonialista, che si trovano immagini di valenza notevole, mix fantastico di talento, originalità e intuito.

Vi accogliamo con entusiasmo in questa raccolta di 14 autori indiscutibilmente talentuosi. Non crederete ai vostri occhi.

Fabio e Daniele

Autori esposti:

Dennis Berti
Franck Boutonnet
Cafa Photo
Fortunato Caracciolo
Rino Cordella
Andrea Corsi
Emin Kuliyev
Victor Lax
Look Fotografia
Tudor Marius
Fabio Mirulla
Edoardo Morina
Theilen Photography
Daniele Vertelli

DOVE E QUANDO

ObiettivoMasaccio è a San Giovanni Valdarno (Arezzo), al centro della Toscana nel triangolo Firenze-Arezzo-Siena.

 

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